Lettera22punto0 – Blog di Loris Pironi

7 dicembre 2011

Vulcani, in Islanda il Katla pronto a eruttare. Probabili problemi per i voli. Smentito l’allarmismo della BBC sul possibile impatto globale dell’eruzione

Torno a parlare di vulcani, di vulcani islandesi, non fosse altro che è stato argomento gettonatissimo di questo blog.

Chi si è già dimenticato dell’Eyjafjallajokull, il vulcano che più di un anno fa ha mandato ceneri e vapori in alto nell’atmosfera mandando in tilt i voli aerei di mezzo mondo?

La notizia, oggi, è la seguente: Il Katla sta borbottando come una pentola a pressione. E l’Europa dovrebbe ricominciare a guardare all’Islanda con una certa apprensione, in quanto questo vulcano incastonato in un ghiacciaio è ritenuto una delle più pericolose bocche da fuoco del continente.

Questa almeno è ciò che ha riportato la BBC. (more…)

23 Maggio 2011

Islanda, il gigante risvegliato. Il Grímsvötn spaventa l’Europa: eruzione violenta ma breve? Nessun problema per i voli (per ora)

Fonte: dalla rete. CLICCA SULL'IMMAGINE PER GUARDARE LA FOTOGALLERY

Si torna a parlare di Islanda. Non capita spesso che questa piccola nazione aggrappata al Circolo Polare Artico finisca sulle prime pagine dei giornali. Ultimamente succede per due motivi specifici: la crisi economica e i vulcani.

Lo scorso anno era stato l’Eyjafjallajokull a tenere in scacco le autorità aeree di mezza Europa, costringendo alla chiusura numerosi aeroporti e mettendo a dura prova i bilanci delle compagnie aeree e i nervi dei viaggiatori. Questa volta siamo a parlare del Grímsvötn, un bel bestione acciambellato nel cuore del ghiacciaio più grande d’Europa, il Vatnajökull, circa 8 mila kmq, poco meno dell’intera Umbria. (more…)

5 Maggio 2010

Se i media non ne parlano non vuol dire che s’è spento… Eyjafjallajokull, chiusi i cieli irlandesi

Il cielo d’Irlanda è un oceano di nuvole e luce, canta Fiorella Mannoia. Il cielo d’Irlanda è un tappeto che corre veloce. Ma il cielo d’Irlanda ospita anche una densa nuvola vulcanica, quella eruttata dall’Eyjafjallajokull – ricordate? – il vulcano islandese che è riuscito nell’impresa di paralizzare per quasi una settimana buona parte del traffico aereo europeo compresi gli scali transoceanici.

La notizia del giorno parla di nuove restrizioni al traffico aereo nei cieli di Irlanda e Scozia, con altri problemi per i viaggiatori. Ma la vera notizia dietro la notizia è una “non notizia”. E cioé che se i giornali e la televisione non ne parlano più perché (ritengono) non più d’interesse pubblico, non è detto che per questo un vulcano smetta necessariamente di eruttare…

Infine, poiché sono in vena di notizie utili, ecco cosa riportano le agenzie stampa sulle restrizioni al traffico aereo di oggi, 5 maggio: Dalle 8 (ora italiana) non sono operativi gli aeroporti di Glasgow e Prestwick in Scozia, Derry in Irlanda del Nord. Gli scali potrebbero restare chiusi tutto il giorno mentre le chiusure potrebbero riguardare in serata l’aeroporto di Belfast. Dalle 12 (ora italiana) niente partenze e arrivi begli aeroporti di Dublino e Knock, mentre resta operativo l’aeroporto di Shannon, nell’ovest del paese.

21 aprile 2010

Buone nuove dall’Islanda, l’eruzione del vulcano Eyjafjoll si è ridotta dell’80%. La nube di cenere verso l’Atlantico. E ora sotto con l’Etna

La posizione dell'Eyjafjoll, del Katla e della capitale Reykjavik

Buone notizie provengono dalla nostra cara Islanda (nel senso di a me cara, ma cara anche per l’indotto aeronautico, turistico e non solo). Le agenzie stampa rilanciano le dichiarazioni della signora o signorina Ingveldur Thordardottir, portavoce della protezione civile islandese, che sostiene che l’eruzione del vulcano Eyjafjoll, racchiuso nel ghiacciaio Eyjafjallajokull, ha sensibilmente ridotto la propria attività eruttiva, andando a confermare le prime ipotesi, che parlavano di una diminuzione del materiale ribollente nella camera magmatica del cratere. “Il pennacchio è ora inferiore ai tre chilometri, forse anche meno” ha spiegato Thordardottir, e l’eruzione si sarebbe ridotta dell’80% rispetto alla potenza registrata sabato scorso. Le previsioni meteo indicano che i venti, che al momento portano la nube di cenere verso sudest, verso l’Europa, potrebbero cambiare direzione durante la giornata di oggi e portare le ceneri verso sudovest e l’oceano Atlantico. Nessuna nuova preoccupante, per ora, arriva dal Katla, il pericoloso vicino di casa dell’Eyjafjoll, dato anch’esso in procinto di risvegliarsi. Intanto in tutta Europa, anche se ancora a macchia di leopardo, stanno riaprendo tutti gli aeroporti.

Intanto come una enorme pentola di fagioli sul fuoco, anche il “nostro” Etna ha iniziato  a borbottare. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha registrato diverse lievi piccole scosse negli ultimi due giorni, elementi che lasciano presagire l’inizio di una nuova fase di attività vulcanica, come nel 2001 e 2002. E anche se non è da escludersi un’eruzione con attività esplosiva e il rilascio nell’atmosfera di una nube di cenere simil-islandese (successe anche nel 2002, e provocò la temporanea chiusura dell’aeroporto di Catania), non c’è da preoccuparsi troppo. Senza contare che potrebbe trattarsi anche di un’eruzione soltanto lavica, fra l’altro in una zona non pericolosa per i centri abitati

19 aprile 2010

Vulcano, anche oggi caos negli aeroporti e nelle stazioni d’Italia. Cancellati il 70% dei voli europei, 2 miliardi di dollari di danni finora. Quando finirà l’emergenza?

Milioni di persone a terra, due miliardi di euro di danni per le compagnie aeree che stanno soffrendo anche in borsa (a Tokyo i listini di oggi, 19 aprile, parlano di un -7,86% per Air China, in Europa si segnalano il -4,88% di Ryanair e il -4,99% di Air France, tutte sopra il 4% di perdite British, Lufthansa e Iberia) e per l’indotto del settore aereo.

Alla fine saranno verosimilmente più di 100 mila i voli che verranno cancellati per la nube di cenere vulcanica dell’Eyjafjallajokull: solo nei primi quattro giorni sono stati più di 63 mila, tanto per dare un dato ufficiale e aggiornato. E mentre l’Enac ha comunicato la decisione di chiudere nuovamente lo spazio aereo del nord Italia, dalle 9 di oggi alle 8 di domani), provvedimento disposto con urgenza, si incomincia a parlare di provvedimenti di aiuto alle compagnie aeree analoghi a quelli presi per il dopo 11 settembre 2001.

Anche oggi, a sorpresa, il 70% dei voli in Europa sono stati cancellati e anche in Italia negli aeroporti (così come nelle stazioni ferroviarie) regna il caos, con inviti diretti a non mettersi in viaggio se non è strettamente necessario. Ma il caos generato dalla nube vulcanica e il disastro economico conseguente alla cancellazione di così tanti voli non poteva non far decollare la polemica. I voli di prova effettuati durante il week end si sono conclusi senza problemi di rilievo peri velivoli inviati a testare il pericolo di transitare all’interno della nube di cenere e poiché non è possibile attendere che la nuvola si dissolva, come ha ribadito il Commissario ai Trasporti della Ue Siim Kallas, le compagnie aeree stanno facendo fortissime pressioni per riaprire i cieli europei alle rotte aeree.

Una decisione di grandissima responsabilità che spetta ad Eurocontrol, l’agenzia di controllo della navigazione aerea europea, anche perché da una parte sul piatto ci sono le vite umane, dall’altra – è brutto da dirsi ma non è colpa nostra, è la nuda realtà – un impatto economico da mozzare il fiato.

Secondo una società di consulenze specializzata, il Centre for Asia Pacific Aviation (Capa) di Sydney, tra ricavi diretti, entrate accessorie, oneri sul blocco degli aerei e dei passeggeri rimasti a terra, il costo totale per l’industria aerea supererebbe già i due miliardi di dollari, con tendenza ad aumentare, ovviamente, per ogni giorno in più che durerà questa crisi. Mentre le compagnie aeree sostengono che la no-fly zone generalizzata su mezza Europa e la chiusura degli scali aerei internazionali sia stata disposta basandosi solo su simulazioni al computer, senza avere un’idea concreta dei rischi reali. E che quindi la situazione sia stata gestita dai vari governi e dalle autorità competenti con estrema leggerezza.

Chi avrà ragione?

E ora torniamo a parlare della situazione del “nostro” vulcano, l’Eyjafill, comunemente chiamato Eyafjallajokull acquisendo il nome dell’esteso ghiacciaio che lo ospita. Il vulcano in questione, che si è risvegliato per la prima volta dopo il 1823, in realtà non si sta rendendo protagonista di un’eruzione clamorosamente forte. Iniziata di fatto il 20 marzo, è dello stesso ordine di grandezza dell’ultima eruzione dell’Etna, secondo quanto affermano dall’Istituto italiano di vulcanologia. La caratteristica particolare di quest’eruzione, che ha sconvolto i piani di sette milioni di viaggiatori e messo in apprensione l’Europa (e non solo) è la grande nuvola di cenere, che è dovuta alla fusione del ghiacciaio che ha provocato un impressionante getto di ceneri, salito fino a oltre 11 chilometri, e poi assestato a 7-8 chilometri di altezza. La lava fonde (fonde, non scioglie: è questo il termine corretto) il ghiaccio, che a sua volta raffredda molto rapidamente la lava, provocando la grande fuoriuscita di cenere. I segnali della fine o di un rallentamento di questa attività eruttiva, hanno spiegato alle agenzie stampa internazionali gli esperti islandesi, sono “misti” e quindi contrastanti: il fluido presente nella camera magmatica sembra stia scemando, ma non è poi così sicuro, quindi previsioni in tal senso sono impossibili. E poi c’è il Katla che preoccupa gli islandesi, un altro vulcano ma di dimensioni e di pericolosità molto maggiore distante pochi chilometri dall’Eyjafjallajokull: anche questo si trova sotto un ghiacciaio (è il quarto più grande d’Islanda), che almeno due volte al secolo si accende per uno show devastante (l’ultima è stata nel 1918) e solitamente si attiva dopo il risveglio di alcuni vulcani vicini. Una situazione, questa, tenuta sotto stretta osservazione.

16 aprile 2010

Vulcano in Islanda, aggiornamenti: nube di cenere vicina all’Italia. E altri tre crateri sono pronti ad eruttare

Tre rapidi aggiornamenti sulla questione del vulcano in Islanda.

Il primo riguarda la nube di cenere che sta paralizzando gli aeroporti di mezza Europa: secondo la Protezione Civile si sta avvicinando rapidamente all’Italia, ed è probabile che domani, sabato 17 aprile, diversi aeroporti del nord della penisola resteranno chiusi. Questo almeno secondo attendibili modelli di osservazione.

La seconda notizia riguarda sempre il blocco dei voli e fa i conti in tasca alle linee aeree: secondo le stime “iniziali e prudenti” della Iata, l’organizzazione internazionale del volo aereo, l’impatto finanziario sulle compagnie aeree è di oltre 200 milioni di dollari di mancati guadagni, più i vari costi aggiuntivi (per il re-routing e la cura dei passeggeri e degli aerei rimasti a terra).

La terza notizia è il vero aggiornamento sull’eruzione dell’Eyjafjallajokull, in Islanda: l’eruzione continua ma entro domenica dovrebbe incominciare a perdere intensità, se non altro perché si è ridotta la quantità di magma che può fuoriuscire. L’Eyjafjallajokull si trova sotto un ghiacciaio, che per il calore ha visto fondersi un terzo della propria calotta e questo ha provocato straripamenti di fiumi e alluvioni, con 800 persone evacuate dalle autorità.

E siccome piove sempre sul bagnato, in Islanda ora sono a rischio altri tre vulcani: il Grimsvotn, che si trova sotto il Vatnajokull, il ghiacciaio più grande d’Europa (a rischio eruzione nei prossimi 24 mesi), l’Hekla il più importante vulcano d’Islanda (che ogni 10 anni in media erutta, e ormai ci siamo) e il Katla, che si trova nei pressi dell’Eyjafjallajokull, e che nella sua storia si è spesso “acceso” dopo l’eruzione di vulcani vicini.

Eruzione in Islanda, dopo il 1816 si rischia un secondo anno senza estate

Le eruzioni vulcaniche sono uno dei fenomeni più suggestivi e affascinanti (e pericolosi, non dimentichiamocelo) che ci offre madre natura. Come raccontavo in parte nel mio precedente post, sono una delle ragioni per cui amo così visceralmente la mia povera Islanda, povera perché tra calamità naturali e finanziarie sta vivendo un biennio davvero difficile.

L’eruzione del vulcano-ghiacciaio Eyjafjallajokul, nel sud, sud-ovest dell’isola (ma comunque a est dalla capitale Reykjavik e dall’aeroporto internazionale di Keflavik, che è ancora più a est) ha mandato in tilt il traffico aereo ed ha evocato lo spettro di cambiamenti climatici ed eventi di portata epocale, come l’eruzione del Krakatoa nel 1883 o il cosidetto “anno senza estate”, il 1816.

Sono verosimili queste ipotesi e questi raffronti? La risposta, effettivamente è sì, anche se lo scenario dovrebbe essere meno catastrofico. Diciamo che tutto dipende da quanto durerà questa eruzione. Se può far testo in qualche modo, poi, l’ultima volta che l’Eyjafjallajokul eruttò, nel 1821, lo fece ininterrottamente per un anno e mezzo.

Quello che è certo e incontrovertibile è che le nubi vulcaniche sprigionate in eruzioni come quella dell’ Eyjafjallajokul (coordinate 63°38′N 19°36′W, per chi volesse cercarlo sulle cartine) sono pericolose per i voli aerei. E non solo perché disturbano o impediscono la visibilità. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in un’intervista al ‘Messaggero’, ha spiegato che la cenere infilandosi nei reattori può bloccarli, creando guasti irreparabili e rischiando di far precipitare i velivoli. Cosa succederà allora al traffico aereo? La risposta di Boschi non è incoraggiante: prima che le ceneri scompaiano dall’aria potrebbero volerci giorni o addirittura settimane, dunque è probabile che i disagi per i viaggiatori si protrarranno a lungo. Ma del resto, “quando la natura si manifesta con un’eruzione vulcanica l’uomo non può far altro fermarsi e aspettare che tutto passi”. E se lo dice il presidente dell’Istituto di Vulcanologia c’è da credergli.

E poi c’è l’altra questione. La nube di cenere arriverà fino all’Italia, ed è pericolosa? Qui a spiegare è Marina Baldi, climatologa del Cnr. Anche lei ha parlato dell’“anno senza estate”, il 1816, dando la colpa ad un altro vulcano islandese (in realtà la causa è comunemente attribuita al vulcano Tambora, nell’odierno arcipelago indonesiano) che provocò “un abbassamento di diversi gradi della temperatura in tutto il centro-nord Europa”. Secondo Marina Baldi, la circostanza potrebbe avere analogie e dobbiamo prepararci a un lungo periodo perché “siamo in primavera e l’alta pressione sposta grandi masse d’aria da nord verso sudest”. Sarebbe quasi certa l’ipotesi che la nube arrivi “fino al Tirreno”, e forse “fino al Mediterraneo” nei prossimi giorni o nelle prossime settimane

Riguardo al rischio sanitario, è ancora presto per fare previsioni poiché non si conosce ancora il tipo di sostanze contenute nella nube e la loro proporzione. In Islanda hanno preso precauzioni invitando le persone ad uscire di casa solo se necessario e muniti di maschere antigas.

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Un flashback infine sulle grandi eruzioni del passato.

Il Vesuvio eruttò nel 79 d.C., un’eruzione passata alla storia perché distrusse, anzi addirittura congelò nel tempo in maniera agghiacciante le città di Pompei ed Ercolano. Fu un’eruzione che passò alla storia anche perché, di fatto, fu la prima ad essere osservata e descritta minuziosamente, raccontata dal celeberrimo Plinio il Vecchio, autore della Naturalis Historia, che morì per osservarla più da vicino. Si definiscono eruzioni pliniane le eruzioni esplosive come quella raccontata del Vesuvio del 79 proprio in onore del più grande naturalista dell’antichità.

L’anno senza estate, sostengono recenti studi, fu causato invece dall’eruzione del Tambora, che durò una decina di giorni (l’anno precedente, il 1815), tanto da riempire l’atmosfera di gas e ceneri che impedirono alla luce del sole di filtrare nell’atmosfera e di riscaldare la terra, provocando addirittura tempeste di neve estive che distrussero raccolti e misero in ginocchio intere nazioni nel nord Europa e nel continente americano.

Quindi c’è stata l’eruzione del Krakatoa: una potenza inaudita (200 megatoni), un boato tremendo udito a 5 mila chilometri di distanza, che nel 1883 cancellò letteralmente dalle mappe l’isola dove si trovava, e provocò un’onda di tsunami alta quaranta metri, con conseguenze disastrose. Una suggestiva teoria di qualche anno fa suggerisce che il famoso Urlo di Edvard Munch, con l’inquietante rosso del suo cielo, non fosse una rappresentazione astratta bensì un’accurata riproduzione di un tramonto norvegese di quel tempo, dovuto proprio al Krakatoa.

E adesso ci si attende un risveglio dell’Etna, ma questa non è una novità. Il vulcano siciliano è monitorato attentamente dall’Istituto di Vulcanologia e dovrebbe eruttare nel giro di alcuni mesi: ad essere coinvolta in particolare la zona della Valle del Bove, una zona però non a rischio per le abitazioni.


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