Lettera22punto0 – Blog di Loris Pironi

23 Maggio 2011

Islanda, il gigante risvegliato. Il Grímsvötn spaventa l’Europa: eruzione violenta ma breve? Nessun problema per i voli (per ora)

Fonte: dalla rete. CLICCA SULL'IMMAGINE PER GUARDARE LA FOTOGALLERY

Si torna a parlare di Islanda. Non capita spesso che questa piccola nazione aggrappata al Circolo Polare Artico finisca sulle prime pagine dei giornali. Ultimamente succede per due motivi specifici: la crisi economica e i vulcani.

Lo scorso anno era stato l’Eyjafjallajokull a tenere in scacco le autorità aeree di mezza Europa, costringendo alla chiusura numerosi aeroporti e mettendo a dura prova i bilanci delle compagnie aeree e i nervi dei viaggiatori. Questa volta siamo a parlare del Grímsvötn, un bel bestione acciambellato nel cuore del ghiacciaio più grande d’Europa, il Vatnajökull, circa 8 mila kmq, poco meno dell’intera Umbria. (more…)

11 Maggio 2010

La nube di cenere torna su tutta l’Italia. Vulcani, tra leggende metropolitane e scommesse: quale sarà il prossimo a eruttare?

Eccola qui, è tornata a lambire i cieli italiani. La nube vulcanica scaturita dal cratere dell’Eyjafill, il vulcano che si trova all’interno del ghiacciaio Eyjafjallajokull, dopo aver raggiunto l’Italia una prima volta nei giorni scorsi pare sempre più vicina a tornare sul Belpaese.

Nella giornata di oggi (11 maggio) l’Enac potrebbe annunciare un nuovo stop ai voli (ipotesi esclusa in mattinata dal Ministro dei Trasporti, Altero Matteoli): attorno alle 14 la nube dovrebbe essere stabilmente sull’Italia, dopo aver invaso il Mediterraneo occidentale fino alla Sardegna e alla Corsica, coprendo anche Piemonte, Liguria e buona parte della Lombardia. Lo ha spiegato il climatologo dell’Enea Vincenzo Ferrara, che ha aggiunto che entro le ore 20 di oggi la nube di ceneri si estenderà su parte del Veneto, sull’Emilia Romagna, sulla Toscana e sull’alto Lazio. Infine, entro la tarda notte tra martedì e mercoledì (le ore 2 circa) coprirà tutta l’Italia settentrionale e centrale, escluso il Molise. Ferrara evidenzia che si tratta della parte più bassa della nube di cenere, quella che si è attestata attorno ai 6-7 mila metri di altitudine, la più pericolosa per i voli aerei, mentre gli esperti dicono che il punto più alto raggiunto dall’alto pennacchio di cenere sia attorno quota 10 mila metri.

La nube intanto, dopo aver toccato (e appiedato) Spagna e Portogallo, è arrivata sino in Marocco (sei scali chiusi). Mentre incominciano a circolare notizie più vicine a leggende metropolitane che altro. L’ultima riguarda il malore di un pilota della compagnia Air France, decollato da Perpignan e diretto a Parigi: secondo uno dei sindacati della compagnia di bandiera transalpina in cabina è stato avvertito odore di zolfo e uno dei piloti è stato colto da vertigini. Peccato che l’aria che respirano i piloti sia la stessa dei passeggeri (nessuno ha avvertito nulla) e poi, una volta a terra, i controlli (ovviamente ancora più accurati) non hanno evidenziato anomalie che potessero stabilire l’attraversamento di ceneri vulcaniche.

Infine una curiosità: i bookmakers inglesi, pronti a scommettere su tutto, ma proprio su tutto, sono pronti ad accettare puntate sul prossimo vulcano che si risveglierà.

Le quote oggi danno il Katla, altro ormai famigerato vulcano islandese, vicino di casa dell’Eyjafill, che infatti è dato a 3,25. Al secondo posto è il Monte Unzen, in Giappone (dato a 5). A 11 è data un’altra eruzione dell’Eyafjallajokull, il Vesuvio è dato a 13. Più indietro lo Stromboli, quotato a 20, e l’Etna: una sua eruzione pagherebbe 29 volte la posta.

Giocarsi il Katla, oggi, sarebbe sin troppo facile. Dovessi scommettere, personalmente punterei sull’Etna, che già da tempo borbotta un po’.

Foto Peter Vancoillie (Fonte http://www.nationalgeographic.it)

Una nota infine sulla fotografia: non è l’Olimpo, i fulmini che si sprigionano sulla sommità dell’Eyjafjallajokull sono stati catturati da Peter Vancoillie e la fonte è il neonato sito del National Geographic Italia. Iniziativa di cui vorrei parlare, quando ne avrò l’occasione.

16 aprile 2010

Eruzione in Islanda, dopo il 1816 si rischia un secondo anno senza estate

Le eruzioni vulcaniche sono uno dei fenomeni più suggestivi e affascinanti (e pericolosi, non dimentichiamocelo) che ci offre madre natura. Come raccontavo in parte nel mio precedente post, sono una delle ragioni per cui amo così visceralmente la mia povera Islanda, povera perché tra calamità naturali e finanziarie sta vivendo un biennio davvero difficile.

L’eruzione del vulcano-ghiacciaio Eyjafjallajokul, nel sud, sud-ovest dell’isola (ma comunque a est dalla capitale Reykjavik e dall’aeroporto internazionale di Keflavik, che è ancora più a est) ha mandato in tilt il traffico aereo ed ha evocato lo spettro di cambiamenti climatici ed eventi di portata epocale, come l’eruzione del Krakatoa nel 1883 o il cosidetto “anno senza estate”, il 1816.

Sono verosimili queste ipotesi e questi raffronti? La risposta, effettivamente è sì, anche se lo scenario dovrebbe essere meno catastrofico. Diciamo che tutto dipende da quanto durerà questa eruzione. Se può far testo in qualche modo, poi, l’ultima volta che l’Eyjafjallajokul eruttò, nel 1821, lo fece ininterrottamente per un anno e mezzo.

Quello che è certo e incontrovertibile è che le nubi vulcaniche sprigionate in eruzioni come quella dell’ Eyjafjallajokul (coordinate 63°38′N 19°36′W, per chi volesse cercarlo sulle cartine) sono pericolose per i voli aerei. E non solo perché disturbano o impediscono la visibilità. Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in un’intervista al ‘Messaggero’, ha spiegato che la cenere infilandosi nei reattori può bloccarli, creando guasti irreparabili e rischiando di far precipitare i velivoli. Cosa succederà allora al traffico aereo? La risposta di Boschi non è incoraggiante: prima che le ceneri scompaiano dall’aria potrebbero volerci giorni o addirittura settimane, dunque è probabile che i disagi per i viaggiatori si protrarranno a lungo. Ma del resto, “quando la natura si manifesta con un’eruzione vulcanica l’uomo non può far altro fermarsi e aspettare che tutto passi”. E se lo dice il presidente dell’Istituto di Vulcanologia c’è da credergli.

E poi c’è l’altra questione. La nube di cenere arriverà fino all’Italia, ed è pericolosa? Qui a spiegare è Marina Baldi, climatologa del Cnr. Anche lei ha parlato dell’“anno senza estate”, il 1816, dando la colpa ad un altro vulcano islandese (in realtà la causa è comunemente attribuita al vulcano Tambora, nell’odierno arcipelago indonesiano) che provocò “un abbassamento di diversi gradi della temperatura in tutto il centro-nord Europa”. Secondo Marina Baldi, la circostanza potrebbe avere analogie e dobbiamo prepararci a un lungo periodo perché “siamo in primavera e l’alta pressione sposta grandi masse d’aria da nord verso sudest”. Sarebbe quasi certa l’ipotesi che la nube arrivi “fino al Tirreno”, e forse “fino al Mediterraneo” nei prossimi giorni o nelle prossime settimane

Riguardo al rischio sanitario, è ancora presto per fare previsioni poiché non si conosce ancora il tipo di sostanze contenute nella nube e la loro proporzione. In Islanda hanno preso precauzioni invitando le persone ad uscire di casa solo se necessario e muniti di maschere antigas.

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Un flashback infine sulle grandi eruzioni del passato.

Il Vesuvio eruttò nel 79 d.C., un’eruzione passata alla storia perché distrusse, anzi addirittura congelò nel tempo in maniera agghiacciante le città di Pompei ed Ercolano. Fu un’eruzione che passò alla storia anche perché, di fatto, fu la prima ad essere osservata e descritta minuziosamente, raccontata dal celeberrimo Plinio il Vecchio, autore della Naturalis Historia, che morì per osservarla più da vicino. Si definiscono eruzioni pliniane le eruzioni esplosive come quella raccontata del Vesuvio del 79 proprio in onore del più grande naturalista dell’antichità.

L’anno senza estate, sostengono recenti studi, fu causato invece dall’eruzione del Tambora, che durò una decina di giorni (l’anno precedente, il 1815), tanto da riempire l’atmosfera di gas e ceneri che impedirono alla luce del sole di filtrare nell’atmosfera e di riscaldare la terra, provocando addirittura tempeste di neve estive che distrussero raccolti e misero in ginocchio intere nazioni nel nord Europa e nel continente americano.

Quindi c’è stata l’eruzione del Krakatoa: una potenza inaudita (200 megatoni), un boato tremendo udito a 5 mila chilometri di distanza, che nel 1883 cancellò letteralmente dalle mappe l’isola dove si trovava, e provocò un’onda di tsunami alta quaranta metri, con conseguenze disastrose. Una suggestiva teoria di qualche anno fa suggerisce che il famoso Urlo di Edvard Munch, con l’inquietante rosso del suo cielo, non fosse una rappresentazione astratta bensì un’accurata riproduzione di un tramonto norvegese di quel tempo, dovuto proprio al Krakatoa.

E adesso ci si attende un risveglio dell’Etna, ma questa non è una novità. Il vulcano siciliano è monitorato attentamente dall’Istituto di Vulcanologia e dovrebbe eruttare nel giro di alcuni mesi: ad essere coinvolta in particolare la zona della Valle del Bove, una zona però non a rischio per le abitazioni.


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